Tutti gli articoli di Gian Marco Tedaldi

B&B La Pineta

Bed & Breakfast “La Pineta”
loc. Case Mazzetta, 419 – 43051 Albareto (PR)
Tel . 392 73 11 856 – 392 26 06201
Email: [email protected]
Web: www.beblapineta.it

Il B&B “la Pineta” ha 3 camere (2 triple e 1 doppia) sobriamente arredate con parquè per rendere il vostro soggiorno più confortevole, entrambe con vista panoramica e predisposizione TV. Ogni camera ha il suo bagno privato, di cui uno è munito di fasciatoio. Il soggiorno offre la possibilità di rilassarsi, leggere riviste e quotidiani e vi è anche un angolo dedicato ai bambini.

All’esterno c’è un ampio parco giochi, dove i vostri bambini potranno divertirsi in completa libertà e sicurezza, inoltre potrete ammirare anche i nostri simpatici cincillà e altri animali da cortile, e dove troverete anche il nostro centro d’attività assistita con asini. Per i clienti che desiderano mangiare all’aperto è a disposizione un fresco porticato, munito di tavoli e seggiole e un angolo solarium dove poter prendere il sole. Sempre all’interno della proprietà vi è il parking macchine (non custodito).

Per chi volesse visitare i luoghi e i sentieri dell’alta Val Taro, sono a disposizione le cartine e l’elenco delle manifestazioni del territorio montano. A disposizione anche il servizio postale. Per i clienti che ne facessero richiesta, vi è la possibilità di organizzare con guide esperte passeggiate sia nei boschi che lungo i bellissimi sentieri presenti in zona.

Agriturismo Il Goreto

Loc. Il goreto
43050 Tarsogno (Parma)

Tel. +39 347 0112507
E-mail: [email protected]
Web: www.agriturismo-ilgoreto.it

Il Goreto è un piccolo nucleo rurale in cui caseggiati, alcuni ancora intatti, si articolano intorno ad un antico cortile selciato con fontana un tempo abbeveratoio per le stalle ancora presenti.

La zona occupa un fianco del colle “corona” fitta castagneta rinnomata per la raccolta, a volte prodigiosa, del fungo.

La casa principale prospetta un declivio coltivato a frutteto antico che ospita bellissimi tigli.

La relativa difficoltà a trovare questa piccola frazione contribuisce a renderla molto tranquilla per chi ama il contatto con la natura in tutta la sua libertà può godere della possibilità di fare escursioni in giornata sulla vicinissima alta via dei monti liguri dove si gode di un portentoso paesaggio, pascoli, faggete e antiche fattorie attivissime nel settore biologico promossa dalla vicina Varese Ligure.

Al ritorno la promessa di una cucina tipica di qualità con materie prime prodotte da noi come miele, marmellate, conserve liquori e naturalmete tutto ciò che la terra ci offre come i prodotti dell’orto la frutta i funghi e le erbe aromatiche.

La casa che vi ospiterà è stata costruita nel 1909, come indica la scritta sul portale, ed è circondata da un’aia chiusa da una balaustra in stile liberty che si affaccia sul frutteto. Gli interni sono spaziosi con due accoglienti sale da pranzo riscaldate dal inconfondibile tepore della legna. L’arredamento delle camere, che si trovano tutte al primo piano, è curato nei minimi particolari per renderle intime e confortevoli.

Fungo Porcino sott’olio

Il rinomato fungo porcino della nostra valtaro merita l’attenzione mondiale.

Per questo, ghiottoni di tutto il mondo seguite la guida valtarese sul come mettere sott’olio il fungo porcino più buono del mondo.

Parola mia….e consigli di esperti, si fondono in questo tutorial che vi guiderà passo passo nel realizzare splendidi vasetti colorati con i colori ed il sapore dell’autunno dalle nostre parti.

Ingredienti necessari:
funghi porcini
aceto
olio d’oliva
chiodi di garofano
pepe nero
alloro

Il Fungo Porcino sott’olio ha ancora più gusto e valore se siamo stati noi stessi a trovarlo e coglierlo nel bosco
– una volta pulito, andremo a tagliarlo in parti non troppo fini a seconda dei nostri gusti
– prepariamo una pentola con abbondante aceto, aggiungiamo i chiodi di garofano e il pepe nero
– arrivati quasi al punto di ebollizione aggiungiamo i nostri funghi porcini
– trascorsi alcuni minuti, prestando attenzione che i funghi non siano troppo molli, li adagiamo su di un canovaccio per farli raffreddare
– prepariamo i barattoli che andranno ad ospitare i nostri funghi facendo un fondo di olio extra vergine di oliva, alcuni chiodi di garofano, pepe ed almeno una foglia di alloro
– andiamo con pazienza ad adagiare i porcini nel vasetto aggiungendo di tanto in tanto olio extra vergine di oliva
– arrivati ad una giusta quantità lasciamo un piccolo spazio per colmare i funghi di olio in modo che nessuna parte venga esposta all’aria
– accertiamoci di aver colmato di olio il vasetto e aggiungiamo ancora un po’ di pepe nero e chiodi di garofano, poi chiudiamo con forza il coperchio

Buona degustazione.

Oasi WWF dei Ghirardi

Informazioni: 349-7736093
E-mail: [email protected]
Web: www.oasighirardi.org

L’oasi dei Ghirardi si estende nei comuni di Borgo Val di Taro e Albareto per una superficie complessiva di 640 ettari. A circa sessanta chilometri dalla città di Parma (8 dal centro di Borgotaro), l’Oasi dei Ghirardi racchiude buona parte degli ambienti della media montagna appenninica. L’Oasi tutela un tassello di Appennino sopravvissuto al tempo e rimasto “come una volta”. A mosaico vi si incastrano vari ambienti: prati, arbusteti, querceti, altri boschi misti, rocce, calanchi, greti fluviali, stagni, pascoli, brughiere. Questa diversità ecologica permette una concentrazione di specie animali e vegetali superiore a quelle delle zone circostanti, facendone un luogo ideale in cui affiancare ricerca scientifica e didattica ambientale.
Numerosi sono gli esemplari monumentali di rovere, farnia e quercia. Grazie alla presenza di ambienti tanto diversificati, è possibile trovare specie tipiche dei climi freddi, come il faggio e le genziane e specie mediterranee, come l’erica arborea. Questa varietà di paesaggi naturali favorisce lo sviluppo di una flora ricca ed interessante, a cominciare dalle 33 specie di orchidee selvatiche, a cui si aggiungono altre piante preziose come il Giglio di S. Giovanni, la Genziana cruciata, il Croco, il Campanellino, la Scilla bifolia, il Dente di cane. Tra le specie arboree si incontra una vera rarità: il Melo fiorentino, che cresce nei radi boschi di cerro. A testimonianza delle foreste di un tempo, si incontrano grandi esemplari di quercia.

Oasi dei Ghirardi
Oasi dei Ghirardi

L’Oasi costituisce un rifugio sicuro per moltissimi animali, ed anche per essi la varietà ambientale costituisce un fattore di diversificazione, cosicchè, a pochi metri dal nido della Beccaccia troviamo il tunnel scavato dal mediterraneo Gruccione. Per l’abbondanza di prede, assai difusi sono alcuni rapaci diurni, come il Falco pellegrino e il Falco Smeriglio, che appaiano generalmente nella Valtaro in inverno. Le specie di Falco che invece vi nidificano sono il Gheppio, cacciatore di lucertole e roditori, che, in zone rocciose, va ad occupare vecchi nidi di cornacchia e torri o casolari abbandonati, e il Lodolaio, predatore in volo di piccoli uccelli e libellule, che costruisce il nido in quelli abbandonati dai corvidi lungo fiumi e torrenti. Tra gli altri uccelli vi sono assioli, picchi, upupe e anche qualche brigata di Starna. Tra i mammiferi, numerosi sono i cinghiali, i daini e i caprioli e, più difficili da osservare, il Ghiro, la Volpe, il Tasso, la Faina, la Puzzola e la Donnola. Anche il piccolo Scoiattolo vi trova habitat ideale e di recente ha fatto la sua comparsa anche l’Istrice. Tra gli anfibi si annoverano il Tritone crestato, il Tritone comune, la Rana italica, e tra i pesci il Ghiozzo padano.

Oltre al centro visite, punto di accoglienza per chi giunge all’Oasi, sono stati allestiti un Orto Botanico dedicato alle specie della valle del Taro, un Birdgarden (giardino per gli uccelli), dove vengono organizzate mangiatoie e piantati arbusti ricchi di bacche e due aree faunistiche dedicate alla Starna e al Capriolo. Dal centro visite parte un Percorso Natura, che si snoda per circa 3 Km, toccando quasi tutti gli ambienti principali e gli angoli più suggestivi dell’Oasi.

La domenica, dalle ore 10 alle ore 17 (18 ora legale), è aperto al pubblico il Centro Visite in località Pradelle, tra Brunelli e Porcigatone (Borgotaro), con un percorso attrezzato (anello di 1200 m circa) dedicato alla flora arborea dell’Appennino, presentata con cartelli illustrati.

Ogni giorno l’Oasi è visitabile liberamente a piedi accedendo da Costa dei Rossi (Albareto) o Porcigatone (Borgotaro)

fonte www.parchi.parma.it

Passo della Cisa

Il Passo della Cisa è un valico appenninico situato ad un’altitudine di circa 1041 m s.l.m. tra le province di Parma e Massa-Carrara.
Esso separa l’Appennino ligure dall’Appennino tosco-emiliano e permette i collegamenti tra la bassa val di Taro e la Lunigiana.
Presso il valico della Cisa passano:
la SS 62 della Cisa, che collega Sarzana a Verona
l’Autostrada A15 (o Autocamionale della Cisa), che collega Parma alla Spezia mettendo in diretta comunicazione su strade ad alta velocità la Pianura padana con la Riviera ligure e la Versilia.

Passo della Cisa
Passo della Cisa

Data la sua particolare posizione e grazie al fatto che in inverno era uno dei pochi passi aperti sul crinale, storicamente fu oggetto di dispute per il controllo delle merci che vi transitavano, dirette al mare.
Al tempo dell’espansione romana verso le Gallie, fu probabilmente il passo che la via Emilia Scauri superava per aggirare l’Appennino ligure fino a Derthona (Tortona). La strada fu costruita dal censore Marco Emilio Scauro nel 109 a.C. Dopo Derthona ridiscendeva verso Vada Sabatia (Vado Ligure) dopo aver nuovamente superato l’Appennino ligure al Passo di Cadibona.
Nel XVI secolo segnava il confine tra il Ducato di Parma e Piacenza ed il Granducato di Toscana, dopo aver delimitato il confine fra le terre dei Longobardi e dei Bizantini.
Nel Medioevo era noto con il nome di Monte Bardone, celebre fra i pellegrini che, provenienti dal nord Italia e dalla Germania, percorrevano la via Francigena per recarsi a Roma. Si fermavano presso l’antico ospizio di Santa Maria, edificato poco prima dal valico con lo scopo di fornire ristoro ed alloggio ai viandanti.
In prossimità del passo, al termine di una ripida scalinata, si trova una chiesetta dedicata a Nostra Signora della Guardia. Iniziata nel 1919, fu benedetta il 16 luglio 1922, e dichiarata santuario il 29 agosto 1930. Da allora ogni 29 agosto, giorno dedicato a Nostra Signora della Guardia, molti fedeli si recano in pellegrinaggio verso questa chiesa, provenendo dalle province di Parma, Massa-Carrara, La Spezia, Piacenza e Genova. Nel 1965 fu scelta quale patrona degli sportivi di tutto il mondo.

fonte Wikipedia

Federazione Field Target Italia

Il Field-Target è una disciplina sportiva che simula in modo non cruento la caccia a piccoli animali con armi ad aria compressa. Tale sport nasce nel Regno Unito nei primi anni ‘80, ed inizialmente veniva praticato da cacciatori su sagome cartacee (si ricorda che in Italia la caccia con armi ad aria compressa è vietata, qualsiasi sia il calibro e la potenza espressa dall’arma).

logo
logo

In seguito si adottarono sagome metalliche rappresentanti piccoli animali (scoiattoli, corvi, piccioni, topi, ecc…) il cui ribaltamento avveniva esclusivamente colpendo una zona circolare in corrispondenza di un punto vitale dell’animale detta Kill Zone, che può variare da un diametro minimo di 15mm ad un massimo di 40mm, la sagoma viene poi riattivata semplicemente tirando una cordicella di collegamento. Tale disciplina si espanse anche negli USA ed in EU, in particolare Germania e Polonia, ovviamente la regolamentazione e la classificazione delle armi ad aria compressa di libera vendita è notevolmente più restrittiva in questi paesi, come d’altronde in Italia, avendo il limite di potenza fissato a 7.5J; infatti vengono adottate differenti categorie in funzione oltre che della tipologia di arma anche della potenza espressa, superiore o inferiore a 7.5J.

Le manifestazioni o incontri si svolgono lungo un percorso all’aperto a contatto con la natura, solitamente in un contesto campestre/boschivo, lungo il quale vengono disposte le piazzole di tiro in numero variabile dalle 6/8 della gara informale alle 25 di una valevole per il campionato italiano. Una volta giunto in piazzola il concorrente deve assumere la posizione di tiro indicata da un’ apposito segnale (libera, in piedi o in ginocchio), ingaggiare i bersagli posizionati a distanze non note, che variano dai 7m ai 30m per la categoria fino a 7.5Joule e dai 7m ai 50m per la categoria 16.3J, quindi stimare la distanza del bersaglio, apportare le dovute correzioni in alzo e compensare l’eventuale vento ed infine eseguire il tiro; si ha a disposizione soltanto un colpo per ogni bersaglio … “una sagoma un punto”. I partecipanti alle gare sono suddivisi in quattro categorie sia in base alla potenza che per il principio di funzionamento della propria arma: Springer 7,5J: Carabine con funzionamento a molla di libera vendita a maggiorenni. Springer Fullpower: Carabine con funzionamento a molla a piena potenza che necessitano per il loro utilizzo di apposito titolo. PCP 7,5J: Carabine con funzionamento a gas precompresso di libera vendita a maggiorenni. PCP Fulpower: Carabine con funzionamento a gas precompresso a piena potenza che necessitano per il loro utilizzo di apposito titolo. Possono essere utilizzati organi di mira di ogni genere, ad esclusione dei dispositivi laser e di qualsiasi dispositivo telemetrico.

Premiazione sul Monte Molinatico
Premiazione sul Monte Molinatico

E’ opportuno specificare che l’unico dispositivo ammesso per la stima delle distanze è il correttore di parallasse. Pur essendo consentite dal regolamento italiano mire metalliche e diottre, non sono adatte per praticare al meglio questa disciplina sportiva, in quanto non consentono una stima della distanza arma/bersaglio sufficientemente precisa; il sistema di mira più idoneo è il cannocchiale di puntamento, più comunemente chiamato ottica, con correttore del parallasse, meglio se su terza torretta e con alti ingrandimenti in modo tale che la stima della distanza sia quanto più precisa possibile. Le ottiche più utilizzate nel field-target hanno ingrandimenti variabili: 6-24, 8-32, ma sempre più spesso si vedono in gara anche dei 10-50. Il Field-Target pur essendo uno sport poco più che emergente nel nostro Paese sta sviluppandosi piuttosto rapidamente sotto l’egida della F.F.T.I. (FEDERAZIONE FIELD-TARGET ITALIA), che riunisce e coordina le singole A.S.D. (associazioni sportive dilettantistiche) facentene parte. Il nostro consiglio per chi desidera conoscere di più su questo sport, e magari provare sul campo, è quello di mettersi in contatto con la A.S.D. più vicina geograficamente dove troverà persone competenti ed esperte che lo aiuteranno ad avvicinarsi a questa divertente “avventura”. Il 2009 è stato un anno molto importante per questa disciplina, a livello nazionale ha visto l’organizzazione di numerose manifestazioni ludico/divulgative, lo svolgersi dei singoli campionati di A.S.D. e le ben 6 prove del campionato nazionale conclusosi in Toscana con la proclamazione dei Campioni Italiani 2009 di categoria.

Anche a livello internazionale la Federazione è stata piuttosto attiva nell’ultimo anno, patrocinando la partecipazione di una delegazione di atleti italiani agli europei che si sono svolti a Weston Park nel Staffordshire (Inghilterra), patria del Field-Target, dal 19 al 20 settembre 2009,da segnalare la buona prestazione del campione italiano nella categoria Pcp 16,3J (categoria considerata internazionale) che con la sua steyr LG 100 si è aggiudicato la 15° posizione assoluta, mentre gli altri partecipanti all’avventura europea erano: Dario Gusmeroli (Air Arms evo 2 mk 2), Achille Matrone (Air Arms Pro-Sport), Aldo Boncompagni (walther LG 300 Alluminium). A coronamento del lavoro svolto dal 2006 ad oggi, sia in ambito nazionale che internazionale, la Federazione Field-Target Italia ha ottenuto ad ottobre 2009 l’ingresso nel W.F.T.F (World Field Target Federation ), ovvero la Federazione Field-Target Mondiale, divenendo così la referente per l’Italia.

Francesco Piana e Fulvio Vincenzi

Federazione Field Target Italia
Presidente: Alessandro Signorini
Contatti: [email protected]
Sito web: www.fieldtarget.it

Passo del Tomarlo

Il passo del Tomarlo è uno dei valichi più alti di tutto il nord Appennino.
La sua altezza è di 1485 m s.l.m. e raggiunge i 1520 m nel collegamento con il passo dello Zovallo. Prende il nome dal monte Tomarlo posto subito a sud mentre a nord vi è il monte Maggiorasca con la bastionata del monte Picchetto. Collega la valle del Ceno alla val d’Aveto mettendo in comunicazione le provincie di Parma, Genova e Piacenza attraverso il vicino passo dello Zovallo. Spesso in inverno il passo viene chiuso per alcuni giorni per permettere lo sgombero della neve tramite fresa, in quanto le nevicate sono sempre copiose.

Passo del Tomarlo
Passo del Tomarlo
Nell’inverno 2008-09 le sponde nevose nel tratto sommitale hanno raggiunto i 3 m di altezza.

fonte Wikipedia

Questo passo è degno di nota dal punto di vista turistico non solo per la sua strategica posizione che lo rende una meta di passaggio soprattutto per i tanti motociclisti del fine settimana, ma anche per la presenza di aree attrezzate lungo il percorso che consentono di godere di una bellissima vista e di respirare aria pura.

Monte Bue

Il Monte Bue è una vetta del gruppo del Monte Maggiorasca, situata tra la Val d’Aveto (comune di Santo Stefano d’Aveto, Genova), la val Nure (comune di Ferriere, Piacenza) e la valle del Ceno (Comune di Bedonia, Parma), costituisce l’estremo limite meridionale della Provincia di Piacenza ed anche il secondo punto altimetricamente più elevato (1775 m s.l.m.) dell’intero territorio piacentino, dopo il Maggiorasca (1804 m.s.l.m.)

È una delle mete preferite dagli escursionisti, essendo collocato in una zona di piacevoli attrazioni naturalistiche come il Lago Nero, il Monte Nero e il Monte Maggiorasca. Sulle sue pendici si trovano un bivacco (Bivacco Sacchi), un rifugio (Prato Cipolla) e la breve Ferrata Mazzocchi.

Monte Bue
Monte Bue

Sulla vetta sono situati i ruderi (stazione di arrivo, con annesso albergo-rifugio e altre strutture di servizio) di un impianto di risalita (ovovia) che collegava direttamente la cima del Monte Bue con Rocca d’Aveto (frazione di Santo Stefano d’Aveto), dismessa dopo il 1991; recentemente (dicembre 2008) è stato inaugurato un nuovo impianto di risalita (seggiovia) che collega Rocca d’Aveto con il rifugio del Prato della Cipolla (1578 m), al fine di tentare il rilancio turistico dello sci alpino in alta Val d’Aveto. Con lo sviluppo del versante avetano anche sul lato ferrierese si sta progettando la possibilità di costruire i tanto agognati impianti di risalita. Tale progetto, visibile su [1] riprende quello presentato e finanziato nel 1976. Vista la posizione a cavallo fra tre province, la zona del Monte Bue è frequentata da piacentini, parmigiani e genovesi.
Oltre all’escursionismo, la zona offre interessanti possibilità per l’arrampicata sportiva, con le falesie della Rocca del Prete, del Monte Maggiorasca, di Waiting for Fred e del Dente delle Ali, senza dimenticare le tante possibilità di salite invernali. In queste falesie troviamo ofiolite spesso piuttosto friabile.

fonte Wikipedia

Monte Maggiorasca

Il monte Maggiorasca 1810 m s.l.m. è la vetta più alta dell’Appennino Ligure, situata tra le province di Genova, e di Parma, a poche centinaia di metri, in direzione nord, presso la sommità del monte Bue, decorre il confine con la provincia di Piacenza. Il Maggiorasca domina la val d’Aveto con il comune di Santo Stefano d’Aveto (GE) e la valle del Ceno col comune di Bedonia (PR); il gruppo montuoso del Maggiorasca, posto a nord del passo del Tomarlo, comprende anche le vette del monte Nero, del Groppo delle Ali e del monte Roncalla oltre a quella, già citata, del monte Bue, costituendo un importante nodo orografico tra le vallate del Nure (Piacenza), del Ceno (Parma) e dell’Aveto (Genova).
La sommità del Maggiorasca, ampia e a forma di sella, è costituita da basalti non calcarei e da arenarie conglomeratiche, al suo bordo meridionale, su un ripiano posto a un’altitudine di 1.799 m s.l.m., sorge la statua di Nostra Signora di Guadalupe, eretta nel 1947, mentre sulla vetta vera e propria (1810 m s.l.m.) è stato collocato un impianto per la ripetizione di segnali televisivi.
Meta molto frequentata in ogni stagione dagli appassionati di escursionismo provenienti sia dai versanti emiliani, sia dal versante ligure.
Nei pressi sono presenti alcune brevi vie di arrampicata invernale e più numerose vie estive, recentemente attrezzate da un gruppo di arrampicatori piacentini.

Monte Maggiorasca
Monte Maggiorasca

La flora del massiccio montuoso del Monte Maggiorasca è particolarmente interessante, per via della coesistenza di alcune specie botaniche di provenienza alpina e di endemismi tipici dell’Appennino settentrionale e della catena appenninica in generale.
Il gruppo montuoso del Maggiorasca è infatti l’unica area montuosa dell’Appennino Ligure in cui sia possibile rinvenire il Chrysosplenium alternifolium (una rara sassifragacea a distribuzione euro-siberiana), l’Aquilegia alpina (specie subendemica delle Alpi occidentali, che irradia nell’Appennino Settentrionale con poche ed esigue popolazioni) e la Primula marginata, una vistosa specie subendemica delle Alpi sud-occidentali e dell’Appennino Ligure orientale, la cui presenza è limitata ad alcuni affioramenti di rocce basaltiche, ubicati nel settore settentrionale del massiccio al confine tra le province di Genova e Piacenza.
Sempre sui pendii delle aree più elevate del gruppo del Maggiorasca vegetano la Soldanella alpina, la Pulsatilla alpina e la Draba aizoides, tre piante piuttosto comuni sulle Alpi ma assai sporadiche nell’Appennino, infine tra gli endemismi appenninici, che nel gruppo montuoso del Maggiorasca raggiungono il limite nord-occidentale della loro distribuzione, vanno citati almeno l’Armeria marginata e l’Arenaria bertolonii.
Tra le specie a portamento fruticoso e arboreo va citato il cosiddetto “pino mugo appenninico” (Pinus mugo ssp. rostrata), entità un tempo certo più diffusa nelle aree culminali dei massicci montuosi della val d’Aveto e oggi rinvenibile in due popolamenti isolati presso il Passo del Tomarlo e tra il Lago Nero e la vetta del monte omonimo e in sporadici individui che crescono oltre il limite superiore della faggeta; sempre nella zona settentrionale del massiccio del Maggiorasca si possono osservare alcuni nuclei naturali (e quindi non di origine silvicolturale) di abete bianco (Abies alba).

fonte Wikipedia

La Roby Profumi male anche in casa

basket
basket

Esordio amaro quello della Roby Profumi tra le mura amiche del palaraschi. Una gara, sulla carta, alla portata delle ragazze del presidente Delnevo ma che alla fine a visto prevalere l’intensità e fisicità delle ospiti. Una prestazione incolore quella offerta dalla Roby Profumi, che ha palesato ancora gli errori commessi sabato a Bologna.

Troppe le palle perse dalla Roby Profumi nei momenti topici dell’incontro e questo alla fine ha pesato davvero tanto sul risultato finale. Peccato perché per buona parte di gara la Roby Profumi aveva disputato una buona gara ma tutto questo è stato reso vano da un ultimo quarto davvero in colore.

Il primo quarto vede un sostanziale equilibrio sino al 8’, 15 a 13 segna il tabellone del Palaraschi. Continua la lettura di La Roby Profumi male anche in casa